A scuola di Bollicine in 5 passi.

Bollicine è il termine più cool del momento per indicare con semplicità ogni fermentato proveniente da uva e contenente carbonica. La bollicina è la bottiglia più utilizzata a tavola: un suo calice apre i pranzi, chiude le cene e spesso fa entrambe le cose sia per l'uno che per l'altra. Segna i momenti fondamentali della nostra vita: è immancabile sulle tavole delle ricorrenze, per i compleanni e gli anniversari, i matrimoni e i divorzi.Una bottiglia di bollicine si apre sempre, addirittura anche quando il festeggiato non beve, vedi alla voce battesimi e funerali.

Lo stesso gesto di apertura di una bottiglia di bollicine è di per sé versatile e lascia ampio spazio all'estro: si può stappare in maniera tecnica, estraendo il tappo con un equilibrato alternarsi di semi-cerchi  verso destra e verso sinistra e con un impercettibile "puf" finale; oppure si può procedere "col botto" (con buona pace del Galateo), seguito dal liturgico "tanti auguriiii!"; potete decidere di versare la bollicina lentamente nel calice, per non disperderne l'amata carbonica, o innaffiare i commensali come se aveste appena vinto il Gp di F1. Infine, potete optare per la  "sciabolata" e sentirvi per trenta secondi Kabir Bedi sul set di Sandokan la Tigre di Mompracem. Eh sì, la bollicina fa diventare anche attori.

Insomma, in tutti questi casi, la bollicina si conferma un duttile evergreen. 

 

Forse troppo.

Perché ad un certo punto, non si sa bene come, la  "bollicina" ci è sfuggita di mano.

Al grido di "prendiamo una bolla!", è iniziata a planare sulle tavole qualunque cosa, senza distinzioni di provenienza, metodo, vitigno; insomma, un calderone di spumante dove la bolla vuol dire tutto e, di conseguenza, non vuol dire niente.

Iniziamo quindi a gettare le basi per introdurci al mondo delle bollicine e sentirci in diritto di inorridire quando il dotto sommelier ci tenta con un "prosecchino di Bassano del Grappa" o quando leggiamo, in certe carte dei vini, Valdobbiadene Cartizze Millesimato sotto la voce Champagne.

Certo, non abbiamo la presunzione né la volontà di animare una sorta di "Spumantology", ma sapere cosa si sta ordinando sì: insomma, non tutti siamo dei macellai di Kobe, eppure nessuno, ordinando un hamburger con senape e cipolla, si aspetta di ricevere un filetto alla Rossini.

Senza troppi tecnicismi, facciamo quindi un po' di chiarezza su quelli che sono i tratti generali della bollicina, o meglio degli spumanti.

Punto Uno: Spumante. 

Sostituire il termine bollicine con spumante, nonostante la menzione rischi di sembrare un po' vintage, servirebbe a ridare dignità a chi produce questi vini, a chi li serve e a voi che li ordinate. Infatti, che siano dolci o secchi, che provengano da una presa di spuma che li rende facili ed aromatici (metodo Charmat) o che godano dell'eleganza e dell'austerità propria del Metodo Classico, è proprio così che si chiamano: Spumanti. 

Punto due: la vinificazione.

Tratteremo nei prossimi appuntamenti le caratteristiche delle diverse tipologie di vinificazione: Metodo Martinotti-Charmat, Classico, Champenois.  Ma la regola di base per tutti - o quasi- è che gli spumanti sono figlia di una massa di vino che ha normalmente svolto la fermentazione alcolica. Insomma alla base degli spumanti c'è il vino, proprio così!

Punto tre: tutti i vini che contengono la bollicina sono spumanti? 

NO! Esistono anche i vini frizzanti, una categoria di vini buoni per quanto sottovalutati che pur avendo la carbonica non rientrano nella dicitura Spumante. Infatti uno spumante per essere tale deve contenere una  pressione interna di almeno 3-3,5 bar, mentre un vino frizzante può contenere da 1 a 2,5 bar. Vien da se che questi ultimi sono vini di una fragranza diversa, di una carbonica più tenue e un aspetto più... vinoso. È che è bene sapere che essi non sono spumanti.

Punto quattro: ma i Millesimati? 

Se è glamour ordinare una bollicina, lo è ancora di più ordinarla  Millesimata. 

Ma cosa significa? Il Millesimo indica semplicemente l'anno di vendemmia delle uve; ma non solo. 

Vi chiedete perché sottolineare in etichetta l'anno con il termine "millesimato" e non semplicemente indicare l'annata, come accade per i "vini fermi"? Perché, nella stragrande maggioranza dei casi, gli spumanti non sono millesimati ma sono una cuvée, ossia l'assemblaggio alla come piace al produttore di diverse annate (oltre che di diverse uve); per i millesimati invece, c'è l'obbligo che le uve provengano per almeno l'85% dall'annata riportata in etichetta.

Ora potete fare gli esperti seriamente.

Punto cinque: "Dolce o secco?" 

L'altra discriminante importante che condiziona la scelta di uno spumante è il dosage (dosaggio) o, per farla più concreta, lo zuccheraggio. Da esso infatti, dipende l'utilizzo dello spumante, l'abbinamento a tavola e il momento in cui consumarlo (ve ne sarete accorti se al matrimonio di un amico vi è stata fatta la fatidica proposta: "Dolce o secco?" da abbinare alla zuppa inglese... Sob!). Ma, soprattutto, tra un pas dosé e un dry, ci passano diversi centimetri del vostro giro vita!

Per chiarire quindi l'oscuro mondo del dosaggio, tenete conto, come unità di riferimento, che un cucchiaino da caffè raso di zucchero pesa circa 5 grammi.

 

I Pas Dosé hanno uno zuccheraggio di 3 grammi per ogni Litro (poco più della metà di un cucchiaino); 

gli extra brut 6 grammi/ litro; 

i brut 12 grammi per ogni litro; 

gli extra dry dai 12 ai 17 grammi/litro; 

i dry, a dispetto del nome, dai 18 ai 32 grammi/litro; 

i demi-sec dai 33 fino ai 50 grammi/litro; 

i doux, che sono praticamente una bevuta da ricovero per picco glicemico, hanno 50 grammi di zuccheraggio per ogni litro. 

Nei prossimi appuntamenti entreremo nello specifico dei Metodi: Charmat e Classico.

Ma, per il momento, mi raccomando: non fatevi più beccare a ordinare un "Prosecchino"!

A presto e buone bollicine a tutti!

Il vostro Sommelier

 

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